Premorte: Morendo ho ritrovato me stessa
Un
cancro in stadio avanzato ha portato Anita Moorjani alle soglie della
morte e oltre, nella sua stessa dimora, molto più in là, se
vogliamo, della porta d’ingresso e del vestibolo. Anita ha
descritto nel dettaglio la sua esperienza nel suo libro Morendo ho
ritrovato me stessa. Circondata dalle persone care e da una
squadra di medici in attesa da un momento all’altro del suo ultimo
respiro, Anita cadde in un coma profondo. Tuttavia le fu data
l’opportunità di ritornare nel suo corpo devastato dal cancro,
contro ogni logica possibile, e di sperimentare una incredibile
guarigione con l’ausilio dell’amore incondizionato. Le è stato
permesso di fare ritorno dalla casa della morte e di raccontare a
tutti noi com’è la vita oltre il mondo materiale, e soprattutto
come ci si sente là.
Anita
afferma che siamo tutti esseri di puro amore. Non solo siamo connessi
l’un l’altro e con Dio, ma a un livello più profondo, siamo noi
stessi Dio. Abbiamo permesso alle nostre paure e all’ego di
spingere Dio ai margini delle nostre esistenze, e ciò si riflette
nello stato di malattia che colpisce non solo il corpo ma il mondo
intero. Anita ci sprona a fare tesoro della nostra magnificenza, a
vivere in quanto esseri di luce e di amore, e a sfruttare le
proprietà di guarigione insite in questo atteggiamento mentale.
«Nei
mesi e negli anni successivi alla mia esperienza di premorte, ho
avuto molte occasioni di parlarne a diversi gruppi in tutto il mondo.
Quelle che seguono sono alcune delle domande e delle risposte
salienti emerse nel corso di tali conversazioni».
Anita
D: Come definisci l’“amore incondizionato” che hai sperimentato nell’altra dimensione, e in che modo esso si differenzia dall’amore che viviamo nella realtà terrena?
R:
L’amore nell’altra dimensione è molto diverso in quanto puro
nella sua essenza. Non ha scopi né aspettative, non agisce sull’onda
delle emozioni né si comporta diversamente a seconda delle azioni o
dei sentimenti della persona a cui è rivolto. È amore, e basta.
D:
Ritieni che prima di assumere le nostre spoglie terrene, siamo già
esseri perfetti, completamente consapevoli di chi siamo in realtà? E
se così fosse, in che modo la nostra perfezione viene corrosa e la
nostra percezione del Sé danneggiata quando veniamo alla luce?
R:
Ti dirò quello che penso, ma credo che non farà altro che suscitare
nuove domande, più che dare una risposta! Ritengo che non nasciamo
destinati a dimenticare chi siamo e che la vita non debba essere per
forza così difficile. Siamo noi a complicare le cose con le nostre
idee e credenze fuori luogo.
Le
informazioni che ho ricevuto a livello interiore in quella dimensione
mi sono giunte sotto forma di “segno”, ma se dovessi tradurlo in
parole, ecco cosa avrei detto tra me e me in quello stato: Oh, allora
la vita non è stata progettata per essere una lotta continua! Da noi
ci si aspetta che ce la godiamo e che ne traiamo il massimo
divertimento! Vorrei averlo capito prima! Quindi il mio corpo ha
sviluppato il cancro a causa di tutti quei pensieri sciocchi che
facevo, dei giudizi nei miei confronti, delle convinzioni limitanti,
che hanno innescato un grande fermento dentro di me. Se solo avessi
saputo che siamo destinati a venire al mondo per stare bene con noi
stessi e con la vita, semplicemente per esprimerci e godercela!
Ora,
questa parte è un po’ difficile da spiegare, ma voglio provarci.
Mi chiedevo cose di questo tipo: È solo perché non mi sono resa
conto della mia perfezione che mi è capitata una cosa così grande
(questo cancro terminale)?
Allo
stesso tempo, ricevevo questa risposta: Oh, capisco: non è successo
a me, perché in verità io non sono mai una vittima. Il cancro non è
altro che la manifestazione del mio potere e della mia energia
inespressi! Essi si sono rivoltati internamente contro il mio corpo,
invece che all’esterno.
Sapevo
che non era una punizione o qualcosa di simile. Era solo la mia forza
vitale che si esprimeva attraverso il cancro, perché non le
permettevo di farlo attraverso la potente energia di cui ero capace.
Ero consapevole di poter scegliere se tornare nel mio corpo o
avanzare nella morte. Il cancro non ci sarebbe più stato perché
l’energia aveva smesso di esprimersi in quel modo, ma sarebbe stata
presente nella manifestazione del mio Sé infinito.
Tornai
alla vita con la certezza che il paradiso in realtà è un modo
d’essere, non un luogo, e ho scoperto che questo stato di grazia mi
ha seguito qui sulla Terra. So che può suonare strano, ma sento che
anche la nostra “vera casa” altro non è che un modo d’essere e
non un luogo. Proprio ora, sento di essere a casa. Non desidero
trovarmi altrove. Per me non fa nessuna differenza essere qui o
nell’altra dimensione. Si tratta di componenti diverse
dell’esperienza del nostro Sé Superiore, espanso, infinito e
perfetto. La nostra vera casa è dentro di noi e ci segue ovunque
andiamo.
D:
Dal momento che non ho vissuto una esperienza di premorte in prima
persona, c’è un modo con cui possa costruire e mantenere fiducia
nell’incredibile forza vitale di cui parli?
R:
Certo! Non è necessario vivere una esperienza simile alla mia per
comprendere la propria perfezione.
La
mia esperienza mi ha insegnato che il modo migliore per costruire e
mantenere la fiducia è sentire dentro di me la connessione con
l'energia Universale. Comincio dall’amare me stessa e dal fidarmi
di me. Quanto più sono in grado di farlo, tanto più mi sento al
centro del disegno cosmico. Quanto più ci sentiamo connessi, tanto
più siamo in grado di toccare gli altri, permettendo loro di provare
le stesse cose.
D:
Ritieni che la tua fede nella Fonte sia stata un fattore determinante
nella tua guarigione?
R:
Durante la mia esperienza, sono diventata io stessa la Fonte, e c’è
stata totale chiarezza. Non c’era nessun’altra fonte all’esterno
della mia consapevolezza espansa. È stato come abbracciare la
totalità. Come ho detto prima, per guarire non ho dovuto credere in
niente, perché in quello stato c’è una chiarezza totale, ed è
come se tutto diventasse noto. La fede apre alla “conoscenza”. In
quella circostanza mi è sembrato di diventare ogni cosa: esistevo in
ogni cosa e tutto esisteva dentro di me. Ero diventata eterna e
infinita.
Mi
sono risvegliata in questa chiarezza e ho capito. Avevo la certezza
che se avessi scelto di ritornare, il mio corpo sarebbe guarito. Per
la natura della mia esperienza, ora sento che essenzialmente siamo un
Tutt’Uno. Proveniamo dall’Unità e ci separiamo per poi ritornare
al Tutto. Penso che la mia esperienza di premorte mi abbia permesso
di dare una fuggevole occhiata a quella Unità. Potrei definirla Dio,
Fonte, Brahman o Tutto Ciò Che È, ma credo che persone diverse
abbiano idee diverse sul loro significato. Non percepisco il Divino
come una entità separata né da me né dagli altri. Per me, è più
uno stato che un essere a sé stante. Esso trascende la dualità
cosicché vi sono permanentemente congiunta a livello interiore e
siamo indivisibili. La mia forma fisica non è che una sfaccettatura
di questo Tutto.
D:
Hai sentito un senso di liberazione dopo la tua esperienza di
premorte? Come lo descriveresti?
R:
Mi sento tuttora liberata. È come se la mia esperienza di premorte
non solo mi abbia liberato da ideologie, credenze e concezioni
radicate del passato, ma anche dal bisogno di cercarne di nuove.
Ho
l’impressione che ci aggrappiamo a queste dottrine perché ci
rassicurano nei momenti di incertezza. Tuttavia, siamo inclini a
diventarne dipendenti e finiamo poi con l’avere bisogno che siano
vere per poter assaporare il piacere della certezza. Ritengo che
quanto più le nostre convinzioni sulla natura limitata della realtà
sono radicate, tanto più riflettiamo nel mondo ciò che esse
sostengono.
La
mia esperienza mi ha permesso di assaporare cosa si prova a essere
affrancati dal bisogno di certezze sia fisiche sia psicologiche. In
altre parole, per me è stato possibile sentire la perfezione anche
in mezzo all’ambiguità. Mantenere quel livello di affrancamento
mentale rappresenta per me la vera libertà.
D:
Pensi che avresti scelto ugualmente di tornare a questa vita se
avessi saputo che saresti stata ancora malata?
R:
Per via dello stato di chiarezza in cui mi trovavo, ho il sospetto
che sarei tornata consapevole del perché di quella spinta a tornare
e a esprimermi attraverso un corpo malato. Probabilmente, quella
consapevolezza avrebbe eliminato o almeno ridotto la mia sofferenza
interiore, se non la malattia fisica. Ci sarebbe stato uno scopo nel
vivere in un corpo malato. Ritengo che tutti abbiano una missione, a
prescindere dalle condizioni fisiche.
D:
Se siamo noi a creare la nostra realtà, pensi che le persone
verranno punite per quello che fanno attraverso il karma?
R:
Come ho detto prima, non c’è punizione nello stato di premorte.
Considero il karma più come un’idea di equilibrio che di causa ed
effetto. Per esempio, non userei mai la frase karma cattivo, perché
non credo che esistano cose simili. Ritengo che tutti gli aspetti
della vita siano necessari per creare il Tutto.
Non
credo più nemmeno che viviamo in un tempo sequenziale e lineare, che
serve da cornice all’idea del karma che hanno molte persone.
Anch’io sono stata cresciuta con questa convinzione.
Ma
nello stato di premorte ho capito che ogni istante della nostra
esistenza, passato, presente, futuro, noto, ignoto e inconoscibile,
esiste simultaneamente, come se si trovasse all’esterno di quello
che noi conosciamo come tempo. Mi sono resa conto di essere già
quello che cercavo di ottenere, e sono convinta che ciò valga per
tutti. Tutte le cose che percepiamo come positive, negative, buone o
cattive sono semplicemente parte del Tutto perfetto ed equilibrato.
D:
Cosa pensi dell’essere utili e dell’aiutare gli altri?
R:
Quando il desiderio di servire ed essere utili nasce dal centro del
nostro essere, si tratta della forma più elevata di amore per sé.
Sappiamo che è così quando proviamo gioia nel farlo. Sembra persino
una cosa leggera e divertente! Ciò eleva sia noi sia chi riceve il
nostro aiuto e contribuisce ad alzare il livello di autostima del
ricevente.
Ma
se agiamo per obbligo o per senso del dovere, la cosa diventa seria e
pesante e può prosciugare la nostra energia. Ciò non ci fa alcun
bene, e non è bello nemmeno per il destinatario, soprattutto se
percepisce che lo stiamo facendo per dovere. In questo caso il
ricevente può sentirsi misero e indegno.
Inoltre,
quando una cosa parte dal centro del nostro essere, non è più
un’azione: diventa una manifestazione della nostra essenza. Non
dobbiamo pensarci o lavorarci su. Questa è la differenza tra essere
d’aiuto e dare aiuto.
Non
c’è separazione tra il sé e l’universo. Ciò che faccio per il
Tutto lo faccio anche per il sé e viceversa, ed è davvero uno stato
gioioso e divertente in cui trovarsi!
D:
Se mi guardo attorno, vedo tanto rancore, rabbia e totale ostilità
da parte di tutti coloro che insistono nel sostenere che la loro
realtà (o il modo di vederla) sia la sola e unica possibile. Eppure
la tua esperienza di premorte e quella di molti altri indicano che
ciò che consideriamo realtà è, né più né meno, una specie di
sogno. Quindi, essenzialmente, la gente litiga per stabilire quale
sia l’illusione più valida. Puoi darmi una spiegazione?
R:
Posso solo riferire la mia esperienza. Per me, quando ho sentito che
“morivo” è stato come svegliarsi da un sogno. Non ho avuto la
sensazione di andare da qualche parte, ma di svegliarmi e di avere
una percezione onnisensoriale, ovvero una visione a trecentosessanta
gradi e una totale sinestesia, o percezione simultanea dei sensi.
Potevo vedere, udire, sentire e sapere tutto quello che mi
riguardava! Vivevo simultaneamente nel passato, nel presente e nel
futuro. Sapevo anche ciò che stava succedendo oltre i muri e lo
spazio, se riguardava me, da qui le visualizzazioni delle
conversazioni dei medici, di mio fratello sull’aereo e così via.
Quello
che ho vissuto è paragonabile a quello che prova un cieco che riesca
a vedere per la prima volta. L’individuo non va da nessuna parte,
ma la chiarezza che assume il mondo (in contrasto con ciò che egli
pensava che fosse) è sorprendente! Capirebbe all’istante cosa sono
i colori e le sfumature, mentre prima erano concetti incomprensibili
per lui.
In
questo senso, ho ricevuto l’incredibile consapevolezza
dell’interconnessione di tutti gli esseri umani e di come ciò che
provo influisca sull’universo, perché il Tutto è racchiuso dentro
di me. Per quanto mi riguarda, se sono felice, l’universo è
felice. Se mi amo, tutti gli altri mi amano e così via.
Dopo
essere ritornata, anche se avevo perso alcuni dei sensi potenziati di
cui avevo goduto durante l’esperienza di premorte, la comprensione,
la chiarezza i sentimenti d’amore non mi avevano lasciata. I
puntini sono già collegati tra loro e non posso più tornare a
pensare come prima. Pensa se il cieco di prima perdesse nuovamente la
vista: ogni volta che va nel mondo, sa qual è il suo vero aspetto,
anche se non può vederlo. È così che mi sento ora.
Per
quanto riguarda la possibilità che questo piano non sia reale,
ritengo che ciascuno di noi crei la propria realtà in base a come
pensiamo che sia il mondo. In quello stato di risveglio, mi sono
accorta che questa esistenza tridimensionale è solo il culmine dei
miei pensieri. Quando sono andata nell’altra dimensione, mi sono
risvegliata in un luogo molto più reale di questo… un po’ come
ci sentiamo quando ci svegliamo da un sogno nella nostra realtà
quotidiana!
D:
Cosa pensi della religione? Ho fatto caso che raramente, o quasi mai,
ne fai menzione quando parli della tua esperienza.
R:
La morte trascende la religione, che è stata creata da noi esseri
umani per aiutarci a vivere o a capire il trapasso. Ma una volta
conosciuta l’altra dimensione, cercare di farla stare dentro a una
religione, qualunque essa sia, sarebbe stato come sminuirla.
Un’altra
ragione è che la religione può essere causa di divisioni e questa
non è mai la mia intenzione. Preferisco di gran lunga essere
inclusiva. Ho sentito che siamo un Tutt’Uno, e so che una volta
morti andremo tutti nello stesso luogo. A me non importa se credi in
Gesù, Budda, Shiva, Allah o a nessuno di questi. Quel che conta è
come ti senti con te stesso, proprio qui e ora, perché è questo che
determina il modo in cui condurrai la tua vita sulla Terra. Non
esiste tempo al di fuori del presente, quindi è importante che tu
sia te stesso e che resti fedele ai tuoi principi. Scienziati
appassionati che vivono esprimendo la loro perfezione sono
apprezzabili per il genere umano quanto una stanza piena di Madri
Teresa.
Morendo ho ritrovato me stessa. Viaggio dal cancro, alla premorte, alla guarigione