Paranormale: fantasmi e manifestazioni

Paranormale: fantasmi e manifestazioni

Le teorie suggerite dai più eminenti membri della Società di ricerche psichiche per spiegare il fenomeno dei fantasmi, o apparizioni di varia natura, son tutte fondate sulla telepatia, ovvero trasmissione del pensiero, la cui esistenza è ormai provata da una lunga serie di esperimenti. È stato assodato che molte persone son più o meno sensibili alla suggestione, e possono più o meno incompletamente riprodurre le immagini mentali definite che si tenta di far giungere fino a loro. Meglio ancora: coloro che vedono il fantasma o ne odono la voce sono una specie di sonnambuli lucidi. Tanto può sul loro organismo la suggestione altrui, e così è acuta la loro eccitazione mentale o crisi fisica (specie in un pericolo imminente o in punto di morte), da costringerli ad esteriorizzare i loro pensieri in allucinazioni visive o auditivo, sia nello stato di veglia sia in un sogno d'una evidenza affatto insolita.

Questa teoria basata sulla telepatia è fortemente sostenuta e quasi provata dal curioso fenomeno dei doppi, ovvero fantasmi di persone vive, viste da alcuni amici sensitivi, quando quelle persone energicamente vogliono esser viste. Tale è il caso di un amico comparso al signor Stainton Moses nel punto che codesto amico aveva fisso in lui il pensiero prima di mettersi a letto: e l'altro del signor B. che a più riprese in una notte comparve a due signore, quando prima di addormentarsi volle fortemente apparir loro. In questi ultimi casi io trovo nondimeno delle difficoltà di spiegazione: il supposto agente non ha generalmente deciso in che modo apparire e che cosa fare. Una volta il signor B. apparisce non già alle signore cui pensava, bensì a una loro sorella maritata da lui appena conosciuta, e che, per caso, occupava la camera loro; questa signora vide il fantasma in un corridoio, andando da una camera all'altra, nel momento in cui l'agente voleva essere nella casa, e la stessa notte, volendo egli trovarsi in una camera della facciata, ella se lo vide accanto al letto, prenderle i capelli, poi la mano, e guardarla fiso.

È certo un'ipotesi ben poco sorretta dai fatti che il semplice desiderio o la volontà di trasportarsi in un dato posto possa fare apparire un fantasma ad una persona che vi si trovi, e far compiere o sembrar di compiere al detto fantasma certi atti che non sembrano essere stati voluti dal supposto agente. Questa non è certo telepatia, nel senso comune della parola; non è nemmeno trasmissione di pensiero ad un individuo, ma è invece la produzione di un fantasma obbiettivo in un posto determinato. È assolutamente inconcepibile che un semplice desiderio possa produrre un simile fantasma, a meno di ammettere che l'anima del dormiente lasci il corpo per recarsi nel punto indicato ed abbia il potere di rendersi visibile a qualsivoglia persona che in quel punto si trovi. Vediamo dunque se non vi siano altri fatti di sdoppiamento che possano gettare una certa luce sulla questione.

Fantasmi spiriti e paranormale
 Il signor Tryer di Bah in Inghilterra si sentì chiamare per nome, e riconobbe la voce del fratello che da più giorni era assente dalla casa. Nel punto stesso, come si è potuto constatare, il fratello, perdendo l'equilibrio, cadeva sopra una piattaforma di ferrovia chiamando per nome il signor Treyer. Allo stesso genere appartiene il caso della signora Severn, la quale, stando a letto una mattina, sentì una forte percossa alla bocca, tanto che portò il fazzoletto alle labbra aspettandosi di vederlo macchiato di sangue. Nel punto stesso, il signor Severn, colto da un turbine nel suo battello riceveva sulle labbra un colpo violento dalla sbarra del timone. Nel primo caso, il fratello del signor Treyer non aveva alcun desiderio cosciente di essere udito del fratello lontano, e nell'altro caso è evidente che il signor Severn non poteva volere che la moglie sentisse il colpo, ma invece era tormentato dall'idea di nasconderle l'accidente.

Nell'uno e nell'altro caso se i supposti agenti hanno avuto una qualsiasi parte nella produzione della voce o della sensazione, ciò deve essere accaduto per un processo inconscio e automatico; se non che le prove sperimentali della telepatia mostrano che essa è originata dalla volontà cosciente dell'agente o degli agenti: di guisa che qui in ambo i casi, l'unica cosa dimostrata è l'intervento di un terzo fattore, il quale fu il vero agente nel volere e nel produrre l'effetto telepatico. Questa conclusione vien resa ancora più probabile da altri casi di sdoppiamento o di avvertimenti, dei quali il seguente è fra i più singolari. L'ingegnere Algernon Joy, addetto ai magazzini di Penarth, a Cardiff, se n'andava tutto assorto nei suoi calcoli per la strada maestra presso la città, quando fu attaccato e gettato a terra da due carbonai. In un punto solo, egli pensò al motivo dell'aggressione, alla possibilità di dare i connotati degli aggressori e di poterli denunziare alla polizia. Egli afferma che da circa un'ora prima dell'aggressione fino a un paio d'ore dopo non gli era accaduto nemmeno alla lontana di pensare al suo amico di Londra. Nondimeno, al momento preciso dell'accidente, codesto amico riconosceva il passo del signor Joy seguirlo per la via, si voltava indietro e lo vedeva chiaro e distinto; al suo grido disperato gli domandava che cosa fosse successo e si sentiva rispondere: «Va a casa, amico mio, mi hanno fatto del male.»

Quel che precede è il contenuto di una lettera dell'amico, la quale incrociavasi con una lettera del signor Joy dove l'accidente era narrato. In questo caso, lo sdoppiamento, allucinazione o fantasma obbiettivo, non può non avere avuto una causa adeguata. Affermare che il signor Joy fosse stato la causa inconscia non sarebbe una spiegazione né ci aiuterebbe a comprendere come accadono simili cose. Noi abbiamo assolutamente bisogno di un agente produttore, di un essere intelligente dotato di volontà e capace di produrre un fantasma vero e proprio. Nel caso che segue vedremo ancor più evidente la necessità di un agente estraneo. Il signor F. Morgan di Bristol, giovane che viveva in casa di sua madre, assisteva ad una conferenza che molto lo interessava. Entrando nella sala egli vide un amico, col quale si propose di tornare a casa a conferenza finita.

Nel corso della serata, gli accadde di notare una porta all'altro capo della sala, e di botto, senza saperne il perché, si alzò e traversò mezza sala per vedere se quella porta si apriva. Girò la maniglia, uscì, richiuse, e si trovò al buio sotto il palco; visto un lume, vi si diresse, entrò in un corridoio che lo ricondusse nella sala della conferenza, traversò l'estremità di questa fino all'ingresso, non più pensando né alla conferenza che continuava né all'amico col quale intendeva tornare insieme. Arrivò finalmente a casa senza incitamento o impulsione di sorta che gli spiegasse la bizzarria della sua condotta. Quando fu giunto, trovò che la casa contigua era in fiamme, la madre disperata. Immediatamente, l'allontanò, la mise in luogo sicuro, tornò a lottare contro l'incendio per due o tre ore. La casa contigua bruciò fino alle fondamenta, e la propria fu solo leggermente danneggiata. Afferma il signor Morgan, che col suo carattere, se avesse avuto l'impressione di un incendio e che la madre corresse un pericolo, avrebbe probabilmente scacciato il timore come una vana fantasia. La madre, d'altra parte, desiderava certo la presenza del figlio, ma non faceva nessuno sforzo di volontà per indurlo a venire. Quale influenza dunque agì sull'organismo mentale del giovane, sotto quell'apparenza di semplice curiosità e di un così strano procedere, da ricondurlo prontamente a casa? Nessuna coscienza egli aveva dì essere in qualunque modo suggestionato e diretto; tutto sembrava perfettamente volontario e normale.

Noi non possiamo non riconoscere, in questo caso, l'appello continuo di un qualsiasi potere mentale, dotato di un'esatta conoscenza del carattere dell'individuo e delle circostanze, e operante con la massima cura e col più sano giudizio per non destare nel soggetto un antagonismo d'idee che sarebbe stato contrario al fine che si aveva in vista. Vediamo dunque che, pur limitandoci ai tre casi accertati di fantasmi di viventi, dove le impressioni ricevute sono in connessione con una morte avvenuta o temuta, i fatti sono affatto inesplicabili con la telepatia fra persone vive poiché indicano chiaramente l'azione d'intelligenze extraumane, in altri termini l'azione di spiriti.

Enorme è la prevenzione contro questa ipotesi, ma io spero che i lavori della Società di ricerche psichiche abbiano già incominciato a minarla. Questi lavori hanno assodato, senza contestazione, che i fantasmi dei morti esistono. Lasciando da parte tutti i pregiudizi dell'ignoranza ed anche della scienza, bisogna ora decidere se i detti fantasmi, che spesso — come ho dimostrato — sono obbiettivi, emanano da uomini o da spiriti.

Prima di recare novelli dati per la soluzione del quesito, sarà bene esaminar brevemente la teoria del secondo io, dell'io inconscio, alla quale molti autori moderni si appigliarono, cercando di sostituire codesto io ad un agente spirituale quando le normali facoltà umane si dimostrano insufficienti. Questa teoria dell'inconscio, fondata sui fenomeni del sogno, della doppia vista, dello sdoppiamento della personalità, è stata laboriosamente esposta dal dott. Carlo du Prel in due volumi in 8°.

Come esempio dei fatti che detta teoria pretende spiegare, prendiamo le esperienze del reverendo P. R. Newnham e di sua moglie con la loro tavoletta. Il processo si svolgeva così. La signora Newnham sedeva davanti un basso tavolino, con le mani sulla tavoletta, otto piedi distante dal marito, che seduto ad un altro tavolino le volgeva le spalle. Questi scriveva le domande sopra un foglio, e immediatamente, spesso contemporaneamente, la tavoletta della moglie vergava le risposte. Durarono queste esperienze otto mesi, e si ottennero 300 risposte ad altrettante domande, ora precise ora evasive, e spesso non rispondenti alle opinioni dei due operatori o anche estranee allo loro conoscenze. Per convincere un incredulo, il signor Newnham si collocò con lui in un'altra camera, dove l'incredulo scrisse: «Qual è il nome di battesimo di mia sorella maggiore?»

Il signor Newnham lesse la domanda, ignaro affatto del nome richiesto; e nondimeno, tornando nella camera trovarono che la tavoletta aveva scritto Mina, diminutivo di Guglielmina, che era il vero nome della persona. Il signor Newnham, che era massone, fece varie domande sui riti massonici, di cui la moglie non sapeva una sola parola; le risposte furono ora corrette, ora no, e spesso originalissime. Così, avendo domandato le parole pronunziate nella investitura di un tal Marco Maestro massone, furono scritti immediatamente stupendi pensieri in linguaggio massonico, i quali però differivano molto dalle parole cui il signor Newnham pensava.

Era dunque quella, come dice il signor Newnham, una formula composta da una intelligenza totalmente distinta dalle intelligenze coscienti dei due operatori. Ebbene, tutte queste cose e molte altre ancor più notevoli si pretende attribuirle all'inconscio della signora Newnham, ad una seconda personalità di lei indipendente e intelligente, che si rivelava spontanea in date occasioni. Così spiega Carlo du Prel tutti i fenomeni di doppia vista, di avvertimenti, di possessione, non che gl'innumerevoli casi, in cui i sensitivi si mostrano informati di fatti, che nello stato normale ignorano e che non ebbero modo di sapere. Ed è questa una spiegazione o non piuttosto un gioco di parole, che crea più assai difficoltà che non ne risolva? Concepire una tale doppia personalità in ciascuno di noi, un secondo io a noi stesso sconosciuto, vivente d'una vita mentale a sé, capace di acquistar delle conoscenze che il nostro io normale non possiede, e fornito di tutti i caratteri di una personalità distinta, è un fenomeno assai meno concepibile e molto più soprannaturale di un mondo di spiriti composto di esseri già vissuti, la cui parte intellettiva sopravvive alla separazione dal corpo terrestre.

Noi troviamo inoltre che questa teoria degli spiriti spiega tutti i fatti semplicemente e direttamente, si accorda con tutte le testimonianze, e nella massima parte dei casi, è la spiegazione fornita dalle stesse intelligenze che fanno la comunicazione. Con la teoria del secondo io, dovremmo ammettere che questa metà nascosta ma inferiore di noi stessi, pur possedendo delle conoscenze che noi non abbiamo, non sente di esser parte di noi; o che, anche sapendolo, menta ostinatamente visto che generalmente assume un nome distinto e parla sempre di noi — parte migliore e superiore — in terza persona. Ma c'è a questo modo di vedere una obbiezione più radicale, cioè l'impossibilità di concepire come codesto secondo io si andò in noi sviluppando in conformità della legge di sopravvivenza dei più capaci? Eppure questa teoria si sostiene per cansare una spiegazione spiritualistica, visto che lo spirito è l'ultima cosa che i nostri moderni scienziati possano decidersi ad ammettere. Ma se così è, che non esista uno spirito sopravvivente al corpo, se l'uomo non è che un animale di alta intelligenza, uno sviluppo di forma inferiore secondo la legge di sopravvivenza dei più capaci, come nascerebbe codesto inconscio? hanno un inconscio anche i molluschi, i rettili, i cani, le scimmie? E se l'hanno, perché? per quali utilità loro? Darwin non trovò alcuna traccia di questi secondi io negli animali o negli uomini. Ma se questi incoscienti esistono solo nell'uomo, eccoci stretti nella medesima difficoltà così spesso adoperata contro gli spiritualisti, accusandoli di reclamare una lacuna nella legge dello sviluppo continuo e l'intervento di una potenza superiore, per creare e introdurre nell'essere umano codesto strano e inutile inconscio, il quale non serve che a confonderci con problemi insolubili, e a farci parere più che mai misteriose la nostra natura e la nostra esistenza! Si suppone naturalmente che l'inconscio muoia con l'uomo cosciente, poiché altrimenti ci cacceremmo in nuove e gratuite difficoltà sui rapporti, nell'altra vita, di queste due intelligenze, di questi due caratteri distinti benché indissolubilmente uniti. Trovato così che la teoria della doppia personalità crea più difficoltà che non ne risolva, mentre che i fatti in questione trovano una spiegazione migliore nell'ipotesi spiritualista, vediamo ora altre prove dell'azione degli spiriti dei morti o di qualche altra intelligenza extra-umana. Esaminiamo innanzi tutto il caso della signora Menneer,23 la quale, nella stessa notte, sognò due volte il fratello decapitato, ritto ai piedi del letto, col capo posato sopra una bara che gli stava accanto. Ella ignorava dove il fratello si trovasse; lo sapeva soltanto all'estero. In fatti, egli stava a Sarawok, con sir Giacomo Brooke, e ivi fu trucidato in una sommossa cinese, mentre coraggiosamente tentava difendere la signora Middleton coi figli. Lo si scambiò pel figlio del rajà, e gli fu mozzato il capo e portato in trionfo, e il corpo bruciato insieme con la stessa casa del rajà. La data del sogno coincide approssimativamente con la data della strage. Ebbene, in questo caso, è quasi certo che il capo fu mozzato dopo la morte, poiché i Cinesi non erano soldati regolari, bensì operai d'una miniera aurifera, i quali avendo preso per armi i primi ordigni capitati loro fra mano, non potevano certo uccidere un Europeo sulla difensiva, tagliandogli d'un colpo la testa.

Bisogna dunque ammettere che l'impressione sul cervello della Menneer sia stata prodotta dal fratello morto, o più probabilmente, da qualche altra intelligenza, visto l'evidente simbolismo della visione: la testa sulla bara vuole indicare senza dubbio che la sola testa era stata trovata e sepolta. In una lettera messa a stampa, Sir Giacomo Brooke scrive: «Gli avanzi del povero Wellington furono forse bruciati, e solo la testa, dopo essere stata portata in trionfo, sarà rimasta come prova della strage.»

Nello stesso volume un altro caso è menzionato, ancor più probativo, contro la telepatia fra persone vive. La signora Storie di Edimburgo, trovandosi a Hobart-Town in Tasmania, ebbe una notte uno strano sogno, confuso come una serie di visioni separate. Vedeva un suo fratello gemello seduto all'aperto sopra un rialzo di terreno e obliquamente illuminato dalla luna; egli alzava un braccio ripetendo: il treno, il treno... Poi qualche cosa lo urtò, lo travolse esanime, e un'oggetto grande e nero passò fischiando. Vide in seguito la dormiente un compartimento di treno, nel quale sedeva un signore di sua conoscenza, il reverendo Johnstone, e da capo il fratello che si copriva il viso con la destra come sofferente; e finalmente udì una voce che non era la sua dire che egli era passato a miglior vita.


Tratto da Esiste Un'altra Vita? Di Alfred Russel Wallace.


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