La Morte: il più grande inganno
La
morte è l’inganno più grande. Grazie a questo inganno l’èlite
è riuscita a tenere sotto scacco l’umanità: se vi fermate a
pensare, infatti, capirete che ogni dittatura ha sempre fatto leva
sulla morte e sopratutto sulla paura della morte.
La
morte non esisteSe l’umanità non avesse avuto questa paura nessuno
mai avrebbe potuta ricattarla. Se un individuo sa di essere immortale
non si piega davanti a nessuna dittatura. Religione e scienza di
regime sono due facce della stessa medaglia, una dice che se non fai
il bravo schiavo finisci all’inferno, l’altra, la scienza di
regime, ci dice che siamo qui per caso e che spariremo nel nulla
senza nessun motivo. E che tutto questo mondo così complesso e
articolato è solo il risultato del caos, aumentando così la paura
della morte, visto che l’uomo si convince che questa sia l’unica
esistenza che avrà a disposizione.
Qui
di seguito riportiamo alcune testimonianze di persone autorevoli,
dottori e scienziati che contraddicono queste assurde tesi:
Elisabeth
Kübler-Ross è stata una psichiatra svizzera che ha dedicato
l’intera vita a curare i pazienti malati terminali: “Dopo aver
lavorato per molti anni con malati moribondi, e dopo aver imparato da
loro che cosa sia realmente la vita, quali siano i rimpianti che si
hanno quando sembra ormai troppo tardi per averne, cominciai a
chiedermi che cosa fosse realmente la morte.
Incominciai
così a raccogliere i resoconti di esperienze extra-corporee, che i
miei pazienti mi riferivano. Tutte queste esperienze risultavano
avere le stesse caratteristiche ed essere analoghe anche ad altri
resoconti simili registrati in altre parti del mondo, da parte di
altrettanti medici. Dall’Australia alla California, tutte queste
esperienze avevano un unico denominatore comune: la perfetta
consapevolezza da parte delle persone di lasciare il proprio corpo
fisico e di essere tuttavia perfettamente coscienti. Tutto ciò
conduce ad affermare che la morte, così come la intendiamo noi nel
linguaggio scientifico, non esiste.
Quindi
morire significa solo perdere il proprio corpo fisico, così come fa
la farfalla quando esce dal suo bozzolo. Si tratta di una transizione
verso un più alto livello di coscienza, in cui si continua a
percepire, a ridere, a capire, ad evolvere, e in cui l’unica cosa
che si perde, è qualcosa di cui non si ha più bisogno: il corpo
fisico. Nessuno
dei pazienti che ha avuto questo tipo di esperienza, ha più avuto
paura di morire. Nemmeno uno. Inoltre molti provarono nuovamente una
sensazione di integrità del proprio corpo, come quando erano sani:
ad esempio, chi era stato investito da un’automobile e aveva perso
una gamba, una volta uscito dal corpo fisico, le aveva entrambe al
loro posto. Un’altra paziente che aveva perso la vista durante
un’esplosione in un laboratorio, non appena uscì dal corpo, riuscì
a vedere e a descrivere la scena dell’incidente e la gente che si
era precipitata nel laboratorio per aiutarla. Ma quando fu riportata
in vita, naturalmente era completamente cieca. E quindi chiaro perché
molte delle persone che ebbero esperienze di questo tipo, non
avrebbero più voluto tornare indietro: perché ebbero modo di
conoscere un luogo tanto più bello e perfetto di quello terreno.
Non
dobbiamo aver paura, e un modo per non averne è sapere che la morte
non esiste, e che tutto quello che sperimentiamo nella vita ha uno
scopo positivo. Bisogna liberarsi della negatività e cominciare a
considerare la vita come una sfida, una prova per accertare le
proprie risorse interiori e la propria forza. Quello che abbiamo
saputo dai nostri amici trapassati, dalle persone che sono ritornate
per raccontarci le loro esperienze, è che ogni essere umano, dopo il
trapasso rivede tutta la propria vita, come in un film, avendo così
l’opportunità di riconsiderare ogni propria azione, ogni parola,
ogni pensiero e di giudicarsi da sé. Non c’è perciò nessun
giudizio, se non il nostro, e nessun Dio giudicante pronto a
punirci”.
Robert
Lanza è stato votato come il terzo miglior scienziato in vita
dal New York Times, ed egli afferma: “La vita e la coscienza sono
fondamentali per l’universo e praticamente è la coscienza stessa
che crea l’universo materiale in cui viviamo e non il contrario.
Prendendo la struttura dell’universo, le sue leggi, forze e
costanti, queste sembrano essere ottimizzate per la vita, il che
implica che l’intelligenza esisteva prima della materia”.
Lanza
sostiene inoltre che spazio e tempo non siano oggetti o cose, ma
piuttosto strumenti della nostra comprensione: “portiamo lo spazio
e il tempo in giro con noi, come le tartarughe con i propri gusci.
Nel senso che quando il guscio si stacca (spazio e tempo), noi
esistiamo ancora. La teoria implica che la morte della coscienza
semplicemente non esista. Esiste solo sotto forma di pensiero, perché
le persone si identificano con il loro corpo credendo che questo
prima o poi morirà e che la coscienza a sua volta scomparirà. Se il
corpo genera coscienza, allora questa muore quando il corpo muore, ma
se invece il corpo la riceve nello stesso modo in cui un decoder
riceve dei segnali satellitari, allora questo vuol dire che la
coscienza non finirà con la morte fisica.
In
realtà, la coscienza esiste al di fuori dei vincoli di tempo e
spazio. È in grado di essere ovunque: nel corpo umano e fuori da
esso. Inoltre gli universi multipli possono esistere simultaneamente.
In un universo, il corpo può essere morto mentre in un altro può
continuare ad esistere, assorbendo la coscienza che migra in questo
universo. Ciò significa che una persona morta, durante il viaggio
attraverso un tunnel non finisce all’inferno o in paradiso, ma in
un mondo simile, a lui o a lei. E così via, all’infinito. Senza
ricorrere a ideologie religiose, lo scienziato cerca quindi di
spiegare la coscienza quantistica con esperienze precedenti alla
morte, proiezione astrale, esperienze fuori del corpo e anche
reincarnazione. L’energia della coscienza a un certo punto viene
riciclata in un corpo diverso e nel frattempo esiste al di fuori del
corpo fisico ad un altro livello di realtà, anche, in un altro
universo”.
Il
dottor Eben Alexander, neurochirurgo a Harvard con un curriculum
accademico importante e questa è la sua esperienza: il professor
Eben Alexander era sempre stato scettico a proposito di vita
ultraterrena e dei racconti di esperienze extracorporee che gli
venivano fatti dai suoi pazienti. Ma da quando nel 2008 rimase in
coma sette giorni a causa di una rara forma di meningite, la sua
opinione è parecchio cambiata. La sua storia è finita sulla
copertina di Newsweek, ma anche in un libro intitolato
significativamente “Proof of Heaven” (“La prova del paradiso”),
e racconta l’esperienza durante la quale il medico cinquantottenne
ha visitato quello che lui stesso definisce un luogo
«incommensurabilmente più in alto delle nuvole, popolato di esseri
trasparenti e scintillanti».
Tra
la vita e la morte: una mattina dell’autunno del 2008, Alexander si
svegliò con un feroce mal di testa e di lì a poco venne ricoverato
d’urgenza in uno degli ospedali dove aveva lavorato, il Lynchburg
General Hospital in Virginia. Qui gli venne diagnosticata una
meningite batterica da Escherichia Coli, una patologia tipica dei
neonati, che in poche ore lo condusse al coma. Per sette giorni il
neurochirurgo statunitense rimase tra la vita e la morte, e le
frequenti TAC cerebrali e le accurate visite neurologiche
dimostrarono una totale inattività della sua neocorteccia (nell’uomo
rappresenta circa il 90 per cento della superficie cerebrale e viene
considerata la sede delle funzioni di apprendimento, linguaggio e
memoria).
La
prova delle dimensioni: ma mentre Eben Alexander giaceva immobile e
privo di conoscenza, sperimentava anche un vivido e incredibile
viaggio destinato a cambiare la sua esistenza. Tutto ha avuto inizio
«in un mondo di nuvole bianche e rosa stagliate contro un cielo blu
scuro come la notte e stormi di esseri luminosi che lasciavano dietro
di sé una scia altrettanto lucente». Secondo Alexander catalogarli
come uccelli o esseri di luce non renderebbe giustizia a questi
esseri che definisce forme di vita “superiore”. In questa
dimensione, arricchita da un canto glorioso, l’udito e la vista
sono diventate un tutt’uno. «Potevo ascoltare la bellezza di
questi esseri straordinari e contemporaneamente vedere la gioia e la
perfezione di ciò che stavano cantando».
Milioni
di farfalle: per buona parte del suo viaggio Alexander è stato
accompagnato da una misteriosa ragazza bionda dagli occhi blu, che
l’uomo racconta di avere incontrato per la prima volta camminando
su un tappeto costituito da milioni di farfalle dai colori
sgargianti. Nella memoria del neurochirurgo la giovane aveva uno
sguardo che esprimeva amore assoluto, ben al di sopra di quello
sperimentabile nella vita reale, e parlava con lui senza usare le
parole, inviando messaggi «che gli entravano dentro come un dolce
vento». Eben Alexander ne ricorda tre in particolare. Il primo era
«tu sei amato e accudito», poi «non c’è niente di cui avere
paura» e infine «non c’è niente che tu possa sbagliare». Ma
l’accompagnatrice del medico aggiungeva anche: «Ti faremo vedere
molte cose qui. Ma alla fine tornerai indietro».
Un
utero cosmico: proseguendo il cammino l’autore di Proof of Heaven è
infine giunto in un vuoto immenso, completamente buio, infinitamente
esteso e confortevole, illuminato solo da una sfera brillante, «una
sorta di interprete tra me e l’enorme presenza che mi circondava. È
stato come nascere in un mondo più grande e come se l’universo
stesso fosse un gigantesco utero cosmico. La sfera mi guidava
attraverso questo spazio sterminato».
Non
si tratta certamente del primo caso di quello che gli anglosassoni
chiamano Near Death Experience (esperienze ai confini della morte),
ma di certo turba il fatto che a raccontarla sia un affermato docente
di neurochirurgia, da sempre dichiaratosi scettico in proposito. «Mi
rendo conto di quanto il mio racconto suoni straordinario, e
francamente incredibile – ha dichiarato Eben Alexander – se
qualcuno, persino un medico, avesse raccontato questa storia al
vecchio me stesso, sarei stato sicuro che fosse preda di illusioni.
Ma quanto mi è capitato è reale quanto e più dei fatti più
importanti della mia vita, come il mio matrimonio o la nascita dei
miei due figli».
Per
concludere la morte viene smentita anche a livello logico e
matematico. Qui sotto ci sono mie riflessioni collegate a delle
citazioni di uno dei più grandi filosofi/pensatori del mondo:
Parmenide.
«IL
NON-ESSERE NON E’, E QUINDI NON E’ NULLA» Se il nulla esistesse
io sarei già nulla, perché ogni giorno della mia vita moltiplicato
per il nulla è pari a nulla: 100, 1.000, 1.000.000 per 0 fa sempre
zero. Quindi, o si esiste sempre o non si esiste mai. E visto che
esisto questo implica che l’Essere è eterno, perché non può
esserci un momento in cui non è più, o non è ancora: se l’essere
fosse solo per un certo periodo di tempo, e ad un certo momento non
fosse più, ci sarebbe contraddizione. L’Essere è dunque
ingenerato e immortale, poiché in caso contrario implicherebbe il
non essere: la nascita significherebbe essere, ma anche non essere
prima di nascere; e la morte significherebbe non essere, ovvero
essere solo fino a un certo momento.
Articolo
di di Beppe Caselle
Fonte:
http://ununiverso.altervista.org/blog/la-morte-il-piu-grande-inganno/